Sicurezza sul lavoro: le malattie professionali
Una recente indagine dell’EU-OSHA analizza come, negli ultimi 10 anni, gli infortuni sul lavoro siano diminuiti di un quarto. Nel mondo, però, 2,4 milioni di persone perdono ancora la vita a causa del lavoro, 200.000 soltanto nella “Vecchia Europa”. Avete letto bene: lavoro, non guerre, carestie o calamità naturali. Un danno enorme in termini umani ed economici. Gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali sono la causa della perdita del 3,9% degli anni-lavoro a livello globale e del 3,3% nella UE; causando, rispettivamente, un danno di 2.680.000.000.000 $ e 476.000.000.000 $.
Dall’analisi emerge che le malattie circolatorie sono la causa principale di decessi a livello planetario, ma in Europa il principale assassino è il cancro che ha anche il non invidiabile primato del DALY più alto. Ricordiamo che il DALY è un indice statistico introdotto nel settore della sanità pubblica: indica gli anni di vita potenziali persi a causa di una morte prematura, includendo anche gli anni di vita “sana” trascorsi invece in stato di cattiva salute o disabilità.
Abbiamo già accennato al fatto di come il cancro sia la causa maggiore di decessi nell’Europa a 28 (con l’aggiunta di Islanda e Norvegia), ma altri due candidati si affacciano all’orizzonte per salire sul podio nero: i disturbi muscolo-scheletrici e le malattie cardiocircolatorie. In Italia, queste tre patologie associate costituiscono il 48% delle cause di morte, con il cancro a costituirne il 23% (dati espressi per 100.000 lavoratori).
Per avere il quadro completo della situazione bisogna ricordare che oltre alle tre citate, altre malattie costituiscono le problematiche legate alla salute sui luoghi di lavoro: lo stress e i disturbi legati alla salute mentale; le malattie della pelle e le malattie causate da agenti biologici.
Le morti sul lavoro causano gravi perdite alle compagnie e alla società nel suo insieme, basti pensare a quel 3,2% dell’intera forza lavoro dell’Europa a 27 (6,9 milioni di lavoratori) che nell’ultimo anno hanno subìto un infortunio sul lavoro. Si pensa che il 40% delle lombalgie e il 5% del cancro, nel Vecchio Continente, siano direttamente correlati all’attività lavorativa.
È noto a tutti che l’insorgere di una malattia, spesso, è un insieme di concause e non di un elemento singolo e ben definito. Tuttavia, la letteratura di settore evidenzia, al di là di ogni ragionevole dubbio, come alcuni tipi di esposizione siano in grado di innescare una malattia o accelerarne il decorso nefasto: radiazioni; agenti chimici e biologici; fattori di rischio legati all’organizzazione del lavoro e psicosociali (turni di lavoro e stress) e fattori fisici (rumore, vibrazioni, MMC e lavoro sedentario).
Il lavoro, oltre ad essere un diritto, dovrebbe essere un elemento dal forte contributo alla dignità umana e non la causa di decessi, magari a seguito di mesi o anni di malattia. In questo non vi è alcuna dignità, nemmeno nelle aziende che fingono di non sapere. L’analisi del rischio torna ad essere la forza centripeta che attira a sé tutti gli altri elementi della salvaguardia della salute e sicurezza sul lavoro. Soltanto una seria, attenta e metodica pratica che comprenda l’analisi iniziale dei rischi e la loro evoluzione in concomitanza al variare dei processi produttivi può portare a risultati concreti in questo ambito.
Gli anni a venire vedranno l’EU-OSHA impegnata sul fronte del miglioramento della conoscenza delle cause portatrici di malattie, ma questo lavoro sarà inutile se non sarà concomitante a quello dei datori di lavoro, dei RSPP, dei RLS, dei MC e dei consulenti esterni che con il loro lavoro quotidiano non possiedono solo un enorme know how sulle cause, ma possono essere un sensibilissimo bacino di idee e strategie organizzativo-produttive per far funzionare al meglio gli stabilimenti, pur avendo rispetto della vita umana.